5 Agosto 1989

12 Nov 2020 | Articoli e racconti, News & Articoli

5 Agosto 1989, ricordando Marco Fassero

a cura di Matteo Enrico

La Stampa, domenica 6 agosto 1989

A distanza di tanti anni, ho voluto scrivere questo pezzo, a ricordo di un giovane alpinista ciriacese, Marco Fassero, prematuramente scomparso il 5 agosto 1989 sulla Cresta di Mezzenile, nel bacino della Gura. Grazie a Luca Calmasini, dell’Associazione “Amici di Marco” per le info raccolte, e a Marco Casalegno, suo compagno di cordata all’epoca.

Marco Fassero

5 Agosto 1989, ore 18.00 circa, Cantoira. Rientro a casa dalla solita partitella di pallone con gli amici. Saluto il sig. Fassero, che occupa l’abitazione al piano terreno insieme alla famiglia durante i mesi estivi. Lo saluto, mentre è in piedi, la mano dietro la schiena, una gamba piegata all’indietro contro il muro, lo sguardo verso le montagne di fondovalle, già avvolte da nebbie e brume, tipiche dei pomeriggi estivi della Val Grande. Da lì a poco la più terribile delle notizie farà scendere per sempre la nebbia nel suo sguardo.

Al pianterreno la “residenza estiva” di Marco, a Cantoira

Ore 21.00 circa. Dalla finestra, mi attardo a contemplare una pioggia insistente e continua, riflessa sull’asfalto dalla luce dei lampioni, e che sembra essere l’unica protagonista della strada deserta, nel buio della notte incombente. Improvvisamente, con sommo stupore, il silenzio è rotto dal rumore di un elicottero che atterra sul campo di calcio posto cento metri a valle della mia abitazione. Vedo scendere l’equipaggio e dirigersi verso il bar Pesce. Trambusto. E’ tutto un accorrere di gente, nel buio della strada, sotto la pioggia battente, sull’asfalto lucido e nero, corre disperata la mamma di Marco.

Un elicottero nel cielo tempestoso

Non arrampico ancora, ma da un anno mio fratello ha iniziato a praticare quest’attività, iscrivendosi al corso della Scuola Gervasutti di Torino. Inizio quindi a familiarizzare e a sentire nomi di scalatori, di vie e di montagne. Inizio a vedere chiodi e moschettoni, imbragature e ramponi. Più che mai, a me ragazzino quattordicenne, Marco, che di anni ne ha 28, appare come l’esempio della forza e della determinazione, quando lo vedo tornare da qualche scalata in montagna, o trafelato da un corsa serale a Santa Cristina o San Domenico. Gira spesso con fuseaux anni ’80 e lo soprannomino la “guardia svizzera” perché i colori di quei pantaloni mi ricordano tanto i colori degli abiti delle note guardie papali. Riesco a captare, anche dai discorsi che mia mamma intrattiene con la sua, quanto deve essere importante la montagna per lui. Non capisco ancora bene, non so minimamente cosa significhi l’alpinismo, ma un giorno sento raccontare da sua mamma che Marco è tornato arrabbiato da un tentativo infruttuoso alla parete nord del Lyskamm. Non so dove sia questa montagna, ma sentire “parete nord” (2 anni prima avevo visto, dalla finestra della famosa galleria, la parete nord dell’Eiger) e “Lyskamm” infondono in me ulteriore ammirazione verso questo ragazzo, nonché curiosità sempre più insistente verso l’alpinismo, per me simbolo di coraggio e durezza.

Marco in arrampicata, in perfetto stile anni ’80

Spesso la sua Fiat 126 verde oliva e, successivamente, la Fiat Regata SW azzurra, è parcheggiata sotto casa. Un grande adesivo del Club Alpino Italiano campeggia sul lunotto posteriore. Per me Marco è l’alpinista, ed è uno dei più forti che ci sia.

Tre anni dopo, è il 1992, mi iscriverò anch’io al corso della Scuola Gervasutti. Da quel giorno ho iniziato ad arrampicare e da quel giorno non ho mai smesso. Ma delle vie percorse da Marco, o dei suoi compagni di cordata, ho saputo poco o nulla.

Tarda serata. Nessuno della mia famiglia comprende realmente cosa sia successo, si intuisce solo che qualcosa è sicuramente capitato a Marco.

Il mattino dopo, mio fratello, ritorna a casa con il pane della colazione appena acquistato. Pronuncia tre sole parole, “E’ morto Marco”.

Matteo Enrico

contro il cielo le punte della selvaggia cresta di Mezzenile

Marco Fassero nasce nel 1961 a Ciriè, dove si diploma presso il locale Liceo Scientifico. Molto sensibile e impegnato politicamente verso i problemi degli studenti, si distingue anche nell’ambito locale per il suo altruismo e la sensibilità verso gli altri. Insieme ad altri amici forma anche un gruppo musicale che ripercorre i temi della musica e del folclore andino, suonando gli strumenti tipici di quel popolo di montagna. Si laurea poi in Scienze politiche ad indirizzo storico: la sua vocazione è quella di diventare giornalista, ma lungo la strada incontra non poche difficoltà: “Quello che mi chiedono”, rivelerà più volte agli amici, “non è spesso quello di cui vorrei parlare…”

Marco in azione con salopette arancione, eccentrici e scalette

La sua passione per la montagna nasce e cresce in questi anni: frequenta la Scuola di Alpinismo G. Ribaldone e diventa istruttore di alpinismo. Le sue emozioni per la montagna si consolidano e si rafforzano in questi anni. Di quei tempi Marco scriveva:

“Giunto alla vetta l’aria era fredda e pungente, la sentivo sulla pelle come una carezza ghiacciata, sentivo i miei polmoni espandersi, il mio corpo tendersi, tutte le mie fibre rilassarsi … L’arrivo alla meta è ogni volta un’esperienza incredibile, ogni volta diversa, anche il paesaggio si rivela differente anche così immutabile, … tutto cambia … cambiano i sentimenti, cambia la gente … cambiano le nostre esperienze, i desideri, … quello che fino a ieri sembrava eterno ed indispensabile oggi non ha più importanza … non ha più senso, sono cambiato, sono mutato, sono cambiati i miei desideri, le mie passioni; ma l’unica cosa che non cambia, non svanisce, è l’amore per le mie Montagne, l’attaccamento che provo diventa sempre più profondo … non è solo conquista, gusto del pericolo e sfida continua, ma sentirsi umili di fronte a qualcosa di più grande, è capire i propri limiti, le proprie debolezze … è comprendersi meglio …

ancora Marco in azione

Ma la sua passione vera era per la cultura e le storie dimenticate, legate alla montagna: così continua:

“… c’è un nuovo aspetto che ora mi appassiona: è la ricerca e la scoperta di una cultura dimenticata, di usi e costumi oramai scomparsi: mi piace conoscere la realtà alpina intesa come contesto ambientale ed umano; ecco perché amo parlare con i vecchi saggi che raccontano vite di stenti ma di profondo amore per la loro terra, ecco perché amo ascoltare i loro racconti, le loro leggende … quello che vorrei è far conoscere tutto questo a persone che oramai si interessano sempre meno delle loro radici, che hanno dimenticato la loro storia e che rinnegano il loro passato …”

Il giornalismo, oltre che un lavoro, vorrebbe essere un modo per diffondere agli altri le sue impressioni, le sue conoscenze:

” … mi piacerebbe fare qualcosa per far rivivere questa cultura importantissima, sono le mie radici, il mio mondo.”

La montagna è un filo conduttore di tutta la sua vita, perché …

“… la Montagna è come una seconda Madre per me …”

le montagne della Gura

Intanto si impiega alla Banca Sella, “la Banca che porta il nome di un grande dell’Alpinismo” mentre continua a raccogliere materiale sulla vita e la cultura delle nostre montagne, scrivendo anche qualche articolo sui giornali locali, quali il Risveglio e la Voce del Popolo, ed anche su La Stampa. Lavora intensamente per una proiezione di diapositive su questi argomenti, ma il suo lavoro si interrompe bruscamente nell’agosto del 1989 a causa della sua prematura scomparsa: un incidente, durante una discesa dalla cresta di Mezzenile, in Val di Lanzo. Ciò che ha lasciato a coloro che dopo di lui, in sua memoria, hanno lavorato per continuare sulla sua strada è una grande sensibilità verso i più deboli e l’istinto di voler proseguire, per quanto possibile, là dove lui ha interrotto il suo lavoro, che tanto lo appassionava. Così la proiezione è stata completata, è stato stampato un libro e fondato una Associazione che porta il suo nome, che ha portato ai più deboli e meritevoli un piccolo contributo, in ambito locale. L’Associazione ha inoltre contribuito a raccogliere testi sulle montagne per una sezione della Biblioteca Civica di Ciriè, e, ultimo ma non per questo meno importante, ha promosso il rifacimento del bivacco di Sea in collaborazione con il CAI-UGET, per ricordare Marco lassù, vicino alle sue montagne …

il bivacco Soardi-Fassero, nell’alto vallone di Sea

Un ricordo di Marco Casalegno

Agosto 1989 Chamonix. Chiamo a casa per dare mie notizie durante le settimane trascorse a scalare sul Monte Bianco.

“Ciao sono io”.

Mio padre mi risponde. La sua voce tremula mi saluta, poi attimi di silenzio.

Riprendo: “Tutto bene?”; il suo silenzio diventa all’improvviso paura, ansia e poi quasi strappato alla gola esce un nome ”Marco, Marco Fassero…, è caduto, è morto.”

Un breve saluto. Esco dalla cabina telefonica e rimango seduto per alcuni minuti infiniti, vuoti, sconfortantemente vuoti. Una parte della mia adolescenza e gioventù è volata via con l’amico di tante camminate, corse e scalate in montagna.

Un amico sincero, schietto, leale prima di tutto con se stesso, sino al punto di comprendere ed accettare i suoi limiti che più di una volta lo avevano frenato nelle sue ascensioni in montagna.

Amava le sue valli, le montagne di casa semplici e austere come sono quelle delle Valli di Lanzo. Ma era stregato in particolar modo da una di queste: l’Uja di Mondrone.

l’Uja di Mondrone, la montagna preferita da Marco

La conosceva, la sentiva sua, ne pativa la sua parete nord. La sua passione per questa montagna rasentava in alcuni momenti quasi un’ossessione. Ma questo era Marco. Molto di più di un appassionato di montagna, molto di più che un alpinista, perché attraverso questa sua passione ti trasmetteva la sua sensibilità verso i luoghi delle alte terre, verso le popolazioni che le abitano nel rispetto delle loro tradizioni e culture che aveva particolarmente a cuore e che amava raccontare.

Marco (a sinistra) in tenuta da fondista

A poco più di trent’anni dalla sua prematura scomparsa amo ricordarlo così. Da metà degli anni ottanta le nostre strade alpinistiche si divisero per svariati motivi ma, le volte che ci legammo insieme ad una corda sono impressi indelebilmente nei miei pensieri. Salite, discese, corse, scalate; l’importante era essere su in alto correndo, correndo inseguendo i nostri sogni.

“Pronto chi parla?”

“Ciao sono Marco, Marco Fassero. Domani dovrebbe esserci tempo stabile, alle tre e mezza davanti alla panetteria passo a prenderti e andiamo alla Croce Rossa”

“Va bene a domani. Ciao caro Amico”

Marco Casalegno

 

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