Courbassere, le “ali” di Ala di Stura

17 Set 2021 | Articoli e racconti, News & Articoli

Di Marco Blatto

Suggestioni invernali alla Courbassera piccola (ph.M.Blatto)

Quando si parla delle Courbassere di Ala di Stura, nell’immaginario degli appassionati di montagna e di alpinismo, vi è un richiamo immediato alla palestra per eccellenza delle Scuola Nazionale di Alpinismo “Giusto Gervasutti”. Poi, il pensiero va all’avvento del “sassismo”, che negli anni ’70 vide le Courbassere diventare – insieme ai massi erratici dell’anfiteatro morenico della bassa Valle di Susa – la “Fontainebleau dei torinesi”. Così la definirà Gian Piero Motti. Per raccontare questa storia, però, occorre andare con ordine e partire da tempi molto antichi.

Nelle rocce, la storia.

Risalendo la Valle di Ala, poco oltre l’abitato di Bracchiello, le pendici del Monte Plù mostrano la prima discontinuità geologica. Non si può non notare, infatti, che le prasiniti grigio – verdognole che caratterizzano il corpo principale della montagna, cedono progressivamente il posto a rocce la cui colorazione vira dal giallo intenso al rosso e al bluastro. Sono le serpentiniti, rocce metamorfiche originarie del mantello terrestre che per le loro parti “metalliche” tendono a ossidarsi quando esposte all’aria, assumendo una colorazione ferruginea. Esse, man mano che si risale la valle, prendono il sopravvento e costituiscono, a nord dell’abitato di Ala di Stura, due picchi ben distinti che diventano un preciso punto di riferimento per il territorio, comunque si osservino.  I “becchi” delle Courbassere sono sempre stati di estremo interesse dal punto di vista mineralogico.

1986 M.Blatto sul Traverso Kosterlitz

I banchi di serpentinite inglobano le rodingiti, rocce piuttosto diffuse nelle ofioliti, ma che alle Courbassere sono particolarmente pregiate per il fatto d’inglobare cristalli di granato. Tuttavia, l’attività di ricerca ed estrazione di minerali d’interesse nell’area, è già attestata da documenti del 1344, in cui si fa riferimento a miniere argentifere in località Pertus. Un’attestazione ribadita dello Jervis nel 1874, che parla anche di presenza di calcopirite, malachite, azzurrite, calcosina ed erubescite. Percorrendo il ripido canale di sfasciumi che scende dal Colletto delle Courbassere, sul fondo è stata trovata anche la più rara perowskite, ma la zona è assai ricca di moltissimi altri minerali di pregio. Le Courbassere, inoltre, erano ben note ai montanari per la presenza della malleabile “pietra ollare”, detta anche “pèra doussa”, un cloritoscisto bluastro, un tempo assai utilizzato per creare recipienti, utensili di uso quotidiano ed anche ornamenti.  Questa pietra era estratta sul fianco sinistro idrografico della Courbassera Piccola, nel vallone sopra l’Alpe Cré dou Riàn. Di là dell’interesse geologico e mineralogico, il comprensorio delle Courbassere offre vari spunti di studio di carattere antropologico e storico. Proprio collegata alle cavità d’estrazione o naturali, è la credenza delle “tane” dell’Uomo Selvaggio (Bouìress d’l’Om Servàdjou), figura quasi mitica e diffusa nella tradizione delle valli, di un pastore primordiale che avrebbe insegnato l’arte della caseificazione ai montanari, pur vivendo isolato dal resto del contesto comunitario. Non mancano inoltre incisioni rupestri con segni antropomorfi, come croci e coppelle, oggetto di studio negli anni ’60 e raccontati nel volume: “L’opera paletnologica di Giuseppe Isetti e le figurazioni rupestri in Valle d’Ala di Stura”, edita dalla Società Storica delle Valli di Lanzo (1965).

1978 Gian Piero Motti sul Masso spaccato

Alle origini dell’alpinismo e dell’arrampicata  

E’ difficile dire con precisione in che momento si concreta una visione in ottica alpinistica del complesso delle Courbassere. Sappiamo per certo che l’interesse per le kletternschulen o “scuole di roccia”, termine estendibile al concetto più compiuto di “palestra”, coincide con la diffusione dell’alpinismo senza guida e la nascita del Club alpino accademico italiano nel 1904. Furono Adolfo Hess e compagni, nei primi anni del Novecento, a eleggere luoghi come i Picchi del Pagliaio o le Lunelle a sito d’allenamento e insegnamento dell’arrampicata. E’ dunque probabile che già dagli anni ’20 le rocce che sovrastano Ala di Stura, a poca distanza dall’abitato, fossero state oggetto di qualche tentativo. Sicuramente, in quegli anni, i giovanissimi fratelli Rosenkrantz si cimentano nel gioco-arrampicata sui sassi ai piedi dei due “becchi”. In particolare Giorgio “Gino” Rosenkrantz e suo fratello Daniele, mostrano spiccate doti di scalatori.

la croce di vetta della Courbassera Grande (ph.M.Blatto)

Negli anni ‘30 è finalmente la guida locale Gino Gandolfo a interessarsi ai versanti dei picchi delle Courbassere, e con il fratello Giovanni sale nel 1936 la “Via del Crestone Sud Ovest”, la prima a raggiungere la cima della Courbassera Piccola. L’anno seguente, i due risolvono coraggiosamente anche il problema delle placche centrali, una via oggi nota come “Via delle placche”. Non è dato sapere quale fu esattamente il percorso seguito dai fratelli Gandolfo, perché lo stesso Gian Piero Motti nella sua pubblicazione: “Palestre delle Valli di Lanzo” (Geat – 1974), fornisce indicazioni su numerose varianti alle tre placche che costituiscono il versante Sud, confluendo tutte sotto l’edificio finale ed il diedro già percorso dalla via dell’anno precedente. E’ logico ipotizzare che, considerate le attrezzature dell’epoca e la scarsa “chiodabilità” della roccia in alcuni punti, i due avessero seguito la linea più debole, caratterizzata da fessure oggi completamente inerbite e impraticabili, o parzialmente crollate. Da segnalare sono anche le arrampicate in solitaria e senza l’ausilio della corda compiute da Gino Gandolfo, che alla Courbassera Grande sale la Parete Sud sia direttamente(1936), che scalando l’Avancorpo staccato della Parete Ovest. Poi, con il fratello Giovanni, vince direttamente la parete Ovest nel 1938. E’ però alla fine degli anni ’30 che si evidenzia Giorgio “Gino” Rosenkrantz con una bella salita della Cresta Sud, una linea che personalmente ho percorso più volte in solitaria, con passaggi di III e IV che andrebbe ripresa e ripulita. Dopo la seconda guerra mondiale, iniziano gli anni della Scuola Nazionale di Alpinismo “Giusto Gervasutti”, fondata nel 1948. Grazie alla presenza nella direzione dei fratelli Rosenkrantz e soprattutto di Giuseppe Dionisi, tutti strettamente legati ad Ala di Stura, le Courbassere diventano il luogo di elezione per le uscite didattiche dei corsi. In special modo i massi ai piedi dei picchi, come quello “spaccato”, di maggiore cubatura, costituiscono un microcosmo per sperimentare manovre di corda e arrampicate sulle geometrie più classiche dell’alpinismo, perfettamente riprodotte nella miriade di blocchi. Negli anni ’50 è un nuovo talento ad affacciarsi sulla scena, mostrando doti di arrampicatore non comuni e sfidando con gli scarponi passaggi e placche ben oltre la psicologica e riconosciuta barriera del sesto grado di quell’epoca. E’ Franco Ribetti, che con Giuseppe “Pino” Dionisi, il fratello Giorgio e Paolo Fava, apre brevi ma difficili varianti di arrampicata mista al Crestone Sud Ovest della Courbassera Piccola, mentre sulla parete Ovest della “Grande”, scala una linea impegnativa con difficoltà di V+ e A2. La frequentazione dei becchi delle Courbassere, però, perde d’interesse nel corso degli anni ’70 e ’80. Ormai sono sorti nelle Valli di Lanzo ben altri terreni per l’arrampicata che, al passo con i tempi, offrono itinerari di maggiore continuità e di migliore qualità della roccia. Resta invece costante nel tempo la frequentazione dei massi come palestra per i corsi di alpinismo, mentre già una nuova dimensione della scalata è alle porte: il “sassismo”.

Sul primo tiro della Via delle placche, durante il restyling

“La Fontainebleau dei torinesi”

Verso la metà degli anni ‘70 s’inizia a parlare di arrampicata sui sassi come di una disciplina fine a se stessa, e non più di una semplice componente d’allenamento all’arrampicata, peraltro nota fin dalla fine del XIX secolo. Gli anglofoni lo chiamano bouldering ma in Italia, agli inizi, viene definito “sassismo”. Un termine che non soddisfa pienamente l’opinione degli appassionati, anche in riferimento al ben più complesso movimento filosofico legato ai “Sassisti della Val di Mello”. In realtà si guarda con attenzione soprattutto alla Francia e a una foresta situata a soli 130 km da Parigi, costellata di sassi di ogni dimensione: Fontainebleau. E’ quello il modello culturale – e se vogliamo tecnico – di riferimento. Dopo i precursori, ossia i fratelli Rosenkrantz e Franco Ribetti, è il nuovo gruppo che fa riferimento ai torinesi, in special modo a Gian Piero Motti e Gian Carlo Grassi, che da un inquadramento di ordine etico ed estetico all’attività. I primi bollini di vernice arancione al “minio” compaiono in diversi massi delle valli, come a Balme di Cantoira, e alle Courbassere si arriva addirittura alla creazione di un circuito con numeri dipinti con la vernice bianca, a dire il vero un po’ grandi. Ben presto il circuito si arricchisce di passaggi che portano nomi noti, oltre a quelli dei “pionieri” già citati: “Parete Motti”, “Muro Rossi”, “Diedro Casarotto”. Vi è addirittura un “Traverso Kosterlitz”, contrassegnato da una “K” di vernice, che per noi, nei primi anni ottanta, diventerà un vero banco di prova. Difficile dire se certi passaggi corrispondano davvero alla salita di personaggi così famosi. Alcuni certamente sì, altri raccontano di visite illustri, difficili da confermare, da parte di scalatori d’oltralpe, ma la fama del luogo cresce e “Fontainebleau” non è poi così lontana. Anzi, è a casa nostra. Tanti passaggi sono rischiosi e si fanno senza crash pad, che all’epoca è pura fantascienza, e per tutti noi  le Courbassere diventano uno dei luoghi da frequentare assiduamente. Spesso, tra i blocchi si vede all’opera il locale Gian Carlo Alasonatti, vero punto di riferimento per l’alpinismo nella Valle di Ala, particolarmente legato all’Uja di Mondrone. Frequente è anche la presenza di Gian Carlo Grassi, che per primo, nel 1980, ha pubblicato una piccola monografia del sito all’interno del volume: “Gran Paradiso e Valli di Lanzo” (Zanichelli, 1980), mentre il suo “Sassismo, spazio per la fantasia”, dedicato ai massi dell’anfiteatro morenico di Rivoli e Avigliana, è già in cantiere. Anche Alessandro Gogna nei suoi “Cento Nuovi Mattini” dedica una pagina ai sassi delle Courbassere. L’avvento e la diffusione dell’arrampicata sportiva, porta sul grande masso della “Gerva” anche i primi spit M8, grazie a Tito Pozzoli, fatto questo che accelera la progressiva perdita d’interesse per i “becchi” delle Courbassere. Ormai l’arrampicata viaggia su binari assai diversi, e le vecchie vie si trovano in un limbo compresso tra le nuove visioni e un certo snobismo da parte dell’alpinismo per terreni comunque situati a bassa quota.

Ghenaella Grassi e Umberto Lardieri in sosta sulla Via delle placche (ph.M.Blatto)

Rinascita e oblio

Agli inizi degli anni ’90 qualcosa sembrò muoversi, grazie al Soccorso Alpino locale e al Club Alpino Italiano Sezione di Ala di Stura (di cui entrambi facevo parte). Nel 1992 nacque così l’idea di riprendere gli itinerari storici abbandonati della Courbassera Piccola, tralasciandone, quando necessario, l’originalità della linea. Si decise così di valorizzare i tratti più arrampicabili della struttura che, va detto, per fenomeni termo-clastici e sopravvento della vegetazione, non era certo più quella degli anni ’30 e dei tempi di Gandolfo, e nemmeno quella dei “tempi d’oro” degli anni ’50. Con Massimo Costa stabilimmo di darci un minimo di regole: salire dal basso con il perforatore a mano e piazzare pochi spit – roc M8 solo sulle placche, più  qualche chiodo tradizionale nelle fessure più strette. Nel 1992 riprendemmo in buona parte la “Via del crestone Sud-Ovest”, che per morfologia chiamammo “Via dei diedri”. Il negozio “Solero Sport” di Ala di Stura ci fornì buona parte del materiale di chiodatura.  L’anno seguente, con il contributo di vari membri del soccorso alpino delle stazioni di Ala e di Forno Alpi Graie, tra cui Stefano Verga, Bruno Casassa, Attilio Miconi, Gianni De Podestà e Gian Carlo Alasonatti, riprendemmo con gli stessi criteri la “Via delle Placche”, modificandola in più parti rispetto al tracciato originale, e facendo alcune varianti più dirette sulle placche (“Super G.A.M.”).  Con Massimo Costa e Stefano Verga, sulla Parete Ovest della Courbassera Grande, rivedemmo parte della “Via Ribetti” liberando i tratti di artificiale e raddrizzandola nella seconda sezione (“Albero della Cuccagna”). Per un certo periodo, forti anche di un corso di alpinismo locale, organizzato dalla sezione del Cai di Ala di Stura e diretto da Gian Carlo, le Courbassere tornarono a essere frequentale. Nell’estate del 1993 ci venne così l’idea, con la Sezione di Ala di Stura, di fare una piccola pubblicazione: “Arrampicare nelle palestre della Val d’Ala”, che raccogliesse le informazioni dei nuovi lavori di restyling e le altre possibilità di arrampicare comprese anche nei comuni di Ceres e di Balme. Il libercolo, oggi pressoché introvabile, aveva la presentazione di un personaggio storico dell’alpinismo piemontese e particolarmente legato ad Ala di Stura: Giuseppe “Pino” Dionisi. Ricordo anche, però, che il nostro entusiasmo fu un po’ raffreddato da un altro protagonista indiscusso delle Courbassere e dell’alpinismo torinese del passato. Franco Ribetti, mi telefonò una un po’ contrariato dal fatto che si fosse fatta un’operazione in odore di arrampicata “moderna”, laddove un tempo – mi disse – si saliva con gli scarponi. Gli spiegai come stavano le cose, e affermai che ponendosi troppi scrupoli etici, la “storia” sarebbe scomparsa tra la vegetazione. Da gran signore qual è, Franco capì infine la bontà del nostro intento, che peraltro, va detto, non ebbe così successo nemmeno tra i fautori dell’arrampicata plaisir che andava affermandosi all’inizio degli anni ’90. Costoro si lamentarono per i pochi spit-roc,  dei chiodi tradizionali e per l’arrampicata eccessivamente erbosa. Il periodo di attenzione per i due storici becchi, alla fine non durò più di due stagioni. Solo nel 1998, Luca e Matteo Enrico, con E.Fresia, aprirono una via nuova sulla breve Parete Ovest con pochi spit messi dal basso: “Valeria”. Poi, però, tutto finì e il velo si richiuse per altri vent’anni.

la guida del 1993

 

“Le ali” di Ala di Stura

Nella sua celebre pubblicazione “Palestre della Valli di Lanzo”, così scriveva Gian Piero Motti: “…da un caos immane di blocchi irregolari e accatastati si elevano elegantemente, completamente isolate ed estranee all’ambiente circostante, due piramidi rocciose: una più sottile e leggera, presenta una infilata di lisce placche serpentinose; l’altra più tozza e massiccia appare più scabra e meno caratteristica- Sono le Courbassere, le ali di Ala”. Certo, negli ultimi due inverni, di ritorno dalla  Punta del Lusignetto raggiunta con gli sci, avevo guardato più volte queste “ali”, tornate di nuovo nell’oblio a trent’anni dal nostro progetto di recupero. Avevo comunque voluto inserire le Courbassere nel mio nuovo libro: “Valli di Lanzo”, le più belle ascensioni classiche e moderne” (IdeaMontagna 2020), con l’impegno che sarei tornato a recuperare almeno gli itinerari più meritevoli, con materiali più consoni ai tempi. Confesso che mi era difficile pensare a dei fix su quelle rocce, messi con un criterio più vantaggioso rispetto al passato, riprendendo oltretutto delle vie che avevamo già modificato trent’anni prima. E già me li sentivo gli insoddisfatti: quelli per cui i fix sono sempre troppo pochi e la roccia è troppo erbosa, o quelli per cui i fix sono del tutto illegittimi. In questi anni ne ho sentiti fin troppi di “guru” dell’arrampicata che pensano di detenere il verbo dei riattrezzamenti o dell’etica, salvo poi contraddirsi spesso nei fatti. Approfittando dello stimolo positivista che percorre queste valli, grazie all’”Associazione Valli di Lanzo in Verticale” e al suo progetto di valorizzazione e tutela del patrimonio “outdoor” delle Valli di Lanzo, sono tornato sul “luogo del delitto” con l’amico e “Rocciatore Val di Sea” Umberto Lardieri. Abbiamo così iniziato la revisione dalla “Via delle placche” alla Courbassera Piccola, la più classica e appetibile. Il criterio è sempre lo stesso di un tempo: salire dal basso piazzando delle protezioni fisse dove non ci si può proteggere e lasciando il resto “pulito”. Non ci aspettiamo certo, come in passato, che gli itinerari siano apprezzati dagli scalatori di bocca buona, quelli che vogliono le vie pulite, “lucidate”, e la roccia sanissima. Non è questo il caso. Le Courbassere restano una sorta di terra di mezzo tra l’arrampicata di “palestra” e quella in “montagna”, con una forte propensione per la seconda considerata la natura e la morfologia del luogo. E chissà: qualcuno potrebbe anche saltare sulle “ali” di Ala e lasciarsi trasportare in volo nel passato, quando era bello vivere l’avventura a due passi da casa, ritornando sempre, la sera, con una lezione di montagna in più nel proprio zaino.

Lungo la via dei diedri (ph.R.Rivelli)

Avvertenze:

Nonostante la quota bassa (1531m) le Courbassere possiedono una condizione litologica che rende talvolta le rocce scistose e facilmente divisibili in lastre. Se alcune sezioni sono caratterizzate da placche compatte e solide, altre presentano una roccia piuttosto alterata, come testimoniano crolli antichi e più recenti, specie sul versante Ovest della Courbassera Piccola. I blocchi fessurati sono soggetti a fenomeni termoclastici e vanno verificati con estrema attenzione, dopo piogge abbondanti e soprattutto all’inizio della primavera. La prima terrazza della Courbassera Piccola è interessata da sassi, scaglie e ciottoli instabili, e durante il riattrezzamento abbiamo trovato alcune placchette di alluminio di spit-roc M8 spezzate dalla caduta pietre. E’ necessario quindi verificare lo stato degli ancoraggi, e gestire bene la corda per evitare di smuovere pietre. La discesa in doppia lungo la “Via delle placche” (ma più in generale sulle vie) è sconsigliata. Raggiunta la cima è meglio calarsi per trenta metri al Colletto delle Courbassere (tra i due “becchi”) e salire in cima alla vicina Courbassera Grande con facili passi e corde fisse, ridiscendendo dalla via normale di quest’ultima ottimamente segnalata (corde fisse). Si ottiene così una “visita” del luogo assai remunerativa.

Accesso

Raggiunta Ala di Stura sono possibili due accessi:

  • dalla strada provinciale, appena a destra dell’Albergo Raggio di Sole, imboccare via Courbassera e percorrerla fino al termine dove si parcheggia in un ampio piazzale. Salire una strada asfaltata in salita (cartello), tra alcune villette e imboccare il sentiero che sale nel bosco di conifere, e in breve raggiunge il circuito di massi, fino al culmine, dove c’è l’Airal dou fountanin, piccolo spiazzo con panchine e fontana (35 min.) Questo accesso è più comodo se si intende arrampicare nel circuito di massi
  • dalla chiesa parrocchiale salire per la strada che, con tornanti, raggiunge la frazione Pian Del Tetto. Percorrerla fino quasi al termine parcheggiando bordo strada, dove questa spiana e s’individua a destra un cartello che indica le Courbassere. Seguire il segnavia 239 e raggiungere l’Airal dou fountanin (20 min.) Di qui salire il ripido zoccolo di sfasciumi alla base della Courbassera Piccola e del canale che scende dal Colletto delle Corurbassere. Giunti a un bivio con tue tacche di vernice bianca con la punta “frecciata” di rosso, lasciare a destra la traccia che porta in cima alla Courbassera Grande (EE) e salire diritti in un ripido e insidioso tratto tra rocce ed erba, con debole traccia. Ci s’insinua così con cautela nella prima parte del canalone che scende dal colletto, caratterizzato da pietre instabili e ghiaie. Superare alcuni brevi gradini erbosi e rocciosi, fino a un’evidente tacca quadrata di vernice arancione. Andare a sinistra seguendo due bollini, sempre arancioni, e raggiungere l’attacco della “Via delle placche” (ore 0,40 dall’Airal dou fountanin; ore 1 da Pian del tetto)

 

Via delle Placche

Prima salita: G. e G. Gandolfo nel 1937

Prima revisione: M.Blatto, M.Costa 1992

Restyling: (con leggera correzione) M.Blatto e U.Lardieri (Rocciatori Val di Sea) il 7 settembre 2021 dal basso

II/RS2; 5c (5b obbl.)

Materiale: in posto fix da 10 mm dove non è possibile proteggersi. Portare friend BD, O.75, 1 (doppio), 2, 3 e 4, qualche C3 o X4 piccolo.

 

Salita:

 

L1: salire la placca leggermente più a dx della linea originale (oggi, eccessivamente erbosa). Movimenti delicati con passi in aderenza e piccole tacche. Chiodatura distanziata. 5c

L2: scalare la celebre placca bluastra talcosa, appoggiata nella prima parte e fessurata alla fine. Proteggersi tra i fix con perizia. 4c/5a. Sosta 2 Bis con un fix e maillon rapide alla base di un fessurone, sulla terrazza erbosa.

L3: Salire la fessura, poi un placcone con gradino ostico 5b (fix successivo distante), poi proteggersi con fettuccia su spuntone dove c’è già quella vecchia. Infine superare un ultimo tratto erboso verso destra (fix)

L4: superare un diedro ostico e friabile all’inizio, dove non è semplice proteggersi, poi ribaltarsi a destra presso un fix con passo in strapiombo 5c. Segue un grandioso diedro con lame interamente da proteggere con tratti su roccia delicata, fino in cima (5b/5b+ continuo). Questa lunghezza, in realtà, fa originariamente parte della “Via dei Diedri” (o “Crestone Sud-Ovest), ma è la continuazione ideale per giungere in vetta.

 

 

 

Discesa: dalla cima fare una corda doppia verso est di 30 m fino al Colletto delle Courbassere. Salire quindi sulla cima della Courbassera Grande (croce di vetta e libro) passando sul lato Est con corde fisse. Scendere quindi per la via normale ben segnata, con tratti attrezzati nei passi più difficili (EE). Il percorso si abbassa per placche rocciose abbattute e poi, in basso, riprende il tracciato fatto durante l’avvicinamento, raccordandosi al bivio.

 

Bibliografia:

 

  • “Palestre delle Valli di Lanzo”; Gian Piero Motti, Cai – Sottosez. GEAT, 1974 (esaurito)
  • “Gran Paradiso e Valli di Lanzo – le 100 più belle ascensioni”; G.C.Grassi, Zanichelli, 1980
  • “Cento Nuovi Mattini”; Alessandro Gogna, Zanichelli, 1981(prima ed. esaurita); il Guyale, 2016 (seconda ed.)
  • Arrampicare in Val D’Ala; M.Blatto, M.Costa, Cai Sez. di Ala di Stura, Miconi Arti Grafiche, 1993 (esaurito)
  • “Valli di Lanzo, le più belle ascensioni classiche e moderne”; M.Blatto, IdeaMontagna, 2020

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