Ugo Manera ci regala questi bei ricordi sui pilastri del Monte Plù
Arrampicare al Plu
IL PLU DI UNA VOLTA
Sul sito: Valli di Lanzo in Verticale ho letto un recente articolo che illustra una riscoperta della Piramide del Plu. Il nome Plu ha risvegliato in me molti lontani ricordi. Quante volte ci sono andato con vari amici e con allievi ed istruttori della scuola Gervasutti. Mi è venuto voglia di rinverdire quei ricordi raccontando alcune vicende di quelle visite. Allora, quando non eravamo troppo in ritardo al ritorno, ci aspettava una sosta fissa a Bracchiello. Era la “merenda” nella “piola ”locale. Ora non c’è più, ridotta ad un cumulo di macerie da un incendio.
Quando tanti tanti anni fa cominciai ad arrampicare presto appresi che esistevano le “palestre di roccia” ove gli alpinisti andavano ad allenarsi per poi affrontare le scalate in montagna. Io iniziai la mia attività alpinistica con un gruppo che non aveva grandi ambizioni e non affrontava scalate difficili. Fino a che vi era neve si praticava lo sci alpinismo poi, in primavera inoltrata, si andava due e tre volte ad arrampicare nelle palestre più facili per riprendere un po’ di confidenza con la pietra in vista della stagione estiva dedicata a scalare montagne di modesta difficoltà, per lo più lungo le vie “normali”.
Monte Plu
Visitai in quell’ottica Rocca Sella in valle di Susa, i Picchi del Pagliaio in valle Sangone e le Lunelle in valle di Lanzo. Poi cominciai ad alzare il tiro e venne l’ora dei denti di Cumiana della Rocca Sbarua e del Plu nella valle di Ala delle valli di Lanzo. Al Plu ci andai per la prima volta con Lino Fornelli. Era il 1958 o 59, non ricordo più bene, e percorremmo la cresta Botto. Ci accompagnò anche mio padre che attese il nostro ritorno dalla scalata dove iniziavano le prime rocce della cresta.
Mi piacque il posto ed anche la scalata e vi ritornai un anno dopo con un amico d’infanzia: Ivo Bruschi; trascinato da me in montagna, ma portato di più ad un alpinismo da canti in “piola” che non dalla voglia di scalare. Quella volta volevo concatenare molti metri di scalata per cui al sabato pomeriggio percorremmo la “Cresta della Scuola” nella parte bassa del Plu, e pernottammo nelle grange dell’Alpe Vieia con l’intenzione d scalare, il giorno dopo, le vie sulla Piramide del Plu. Nella notte si mise a piovere e dovemmo desistere dai nostri progetti. Portammo però a casa un ricordo di quel pernottamento nella grangia: giunto a casa infatti scoprii essere pieno di pulci.
Lo Sperone Grigio del Plu
Quando entrai come istruttore alla scuola di alpinismo Giusto Gervasutti al Plu divenni di casa e vi ritornai infinite volte. Era questa infatti una delle “palestre” preferite dalla scuola. Allora i programmi di insegnamento erano molto diversi da quelli attuali. Non era neanche immaginabile la pratica dei “monotiri” e tanto meno gli itinerari pre attrezzati con ancoraggi fissi. Tutto l’insegnamento era impostato sull’apprendere a scalare su vie alpinistiche di più tiri con la posa degli ancoraggi (allora esistevano solo i chiodi e cunei di legno) nel corso della scalata. In quell’ottica la “Cresta della Scuola” era la via ideale per iniziare ed ogni anno veniva inserita nel programma del primo corso.
La Cresta della Scuola, che si sviluppa su vari salti, presentava anche dei passaggi impegnativi, su una placca non proteggibile, una volta Antonio Balmamion scivolò e si ruppe un piede. Sulla Cresta della Scuola ricordo ancora, come allieva, una giovanissima Laura Ferrero.
Plu Sperone Grigio U. Manera in apertura sulla via Manera Ribetti
Sempre relativamente all’attività della scuola di alpinismo, la parte alta del Plu era riservata al secondo corso, in particolare la cresta Botto, le vie sulla Piramide e quella sullo sperone Grigio. E’ quest’ ultimo la struttura più bella del Plu, allora vi era una sola via aperta dai fratelli Lino e Piero Fornelli con De Abertis, una via, a quei tempi, considerata difficile. La parte finale dello sperone presentava anche una variante di pregio: la variante Appiano (Cera quasi sempre, nelle “palestre” torinesi, una variante tracciata da Enzo Appiano).
Lo sperone Grigio presentava ben altre possibilità e quando, dopo la metà degli anni ’60, iniziammo a rivisitare i luoghi di arrampicata, cercando terreno idoneo per tracciare vie che andassero oltre quanto fatto dai nostri predecessori, entro nei miei obiettivi. (La nostra ricerca ci portò poi alla scoperta del Caporal in Valle dell’Orco). Volevo tracciare una via più diretta della Fornelli.
Nel mese di maggio del 1967 mi avviai con Fulgenzi e Giglio con l’obiettivo di superare con un percorso diretto lo sperone grigio. Durante l’avvicinamento, nel bosco, udimmo rumori e voci e presto vedemmo comparire Motti, Pivano e Re, Erano diretti al medesimo obiettivo. Unimmo le forze e tracciammo una via di grande soddisfazione. Prima di noi vi era già stato un antico tentativo, trovammo infatti, nei primi metri, un vecchio chiodo ad anello corroso dalla ruggine.
Gian Piero Motti
Sono ritornato numerose volte a ripetere la via. Una volta ero da solo senza un obiettivo preciso, salendo mi venne voglia di percorrerla in solitaria, mi ricordavo però che uno dei tratti più impegnativi presentava una fessura troppo larga pe i chiodi; nella prima salita avevamo impiegato un cuneo di legno. Io pero non avevo con me cunei così, passando nelle ultime grange, mi presi un robusto bastone secco. Lo piantai profondamente nella fessura con il martello e mi assicurai ad esso con un cordino per fare il passaggio. Il pezzo di legno lo ritrovai ancora in altre ripetizioni.
Un’altra volta mi presi uno spavento per colpa di un allievo. Ero andato allo sperone per ripetere la nostra via in una uscita della Gervasutti e avevo come allievo Dante Vota. Dante aveva iniziato a scalare con il gruppo di giovani piuttosto anticonformisti e trasgressivi nel quale spiccavano Danilo Galante e Roberto Bonelli. Rappresentava un po’ l’anello debole del gruppo ed i suoi amici non gli risparmiavano nulla. Lo avevano soprannominato “Cecchinel”. Stufo di trovar lungo con compagni senza alcuna pietà si era iscritto alla scuola e quel giorno era con me sullo sperone Grigio.
Il bello schizzo di G.P. Motti della via del 1967 all Sperone Grigio
Io avevo superato una lunghezza difficile ed alla sosta mi accingevo a ricuperare il mio secondo ma Dante non saliva. Ad un tratto una delle due corde scorre libera senza nessuno legato al suo capo. Mi misi ad urlare preoccupato ed egli mi rispose che stava slegandosi perché non riusciva a superare il passaggio. Infuriato gli ributtai giù la corda e gli intimai di rilegarsi ad ambedue le corde. Finalmente con un po’ di aiuto riuscì a raggiungermi.
In seguito con Vota feci un paio di vie impegnative in alta montagna e, da secondo, si comportò bene. Si dedicò poi molto allo sci alpinismo e venne travolto da una valanga nelle Pale di San Martino.
Quando anche noi “vecchi” ci convertimmo all’arrampicata “sportiva” ritornai ancora allo sperone e ripetei per l’ennesima volta la via ma questa volta in libera.
Per raggiungere lo sperone Grigio noi salivamo direttamente il canalone del Plu (a tratti ancora nevoso in primavera) raggiungendolo dalla località Monaviel. Sotto allo sperone vi è un grande masso che sbarra il canalone, per superarlo bisogna salire (o scendere quando si ritornava) un breve camino di III grado, era la disperazione del nostro divertente amico “Carlacciu”. Noi sostavamo divertiti a prenderlo in giro per le sue contorsioni nell’odiato camino.
Guida Palestre Valli di Lanzo di G.P.Motti GEAT 1974
Nella primavera del 1972 ritornai, in occasione di una uscita della scuola Gervasutti, a tracciare una nuova via. Avevo notato sulla sinistra dello sperone un grande diedro ben evidente che prometteva una bella arrampicata, prendendolo come direttiva tracciai il nuovo itinerario. Era con me, nella veste di allievo dei corsi più avanzati, Fravio Leone che in seguito partecipò con me, nell’autunno seguente, all’apertura della prima via al Caporal. In seguito mi fu compagno in numerose scalate anche di grande impegno. Non so se questa via è mai stata ripetuta. La sua relazione tecnica compare nell’ottima e storica guida di Gian Piero Motti: Palestre delle Valli di Lanzo, edita dalla Sottosezione GEAT nel 1974.
Flavio Leone
Sfruttai ancora lo sperone Grigio 11 anni dopo, il 6 marzo 1983, per tracciare un’altra via tra la nostra del 1967 e la Fornelli. Ero con Franco Ribetti ritornato in quelli che erano stati i monti della sua gioventù. Ne venne fuori una via bella ed impegnativa. Non mi ricordo più se ho pubblicato la relazione tecnica di quell’itinerario, avendola conservata la ripropongo, anche se è ovviamente è una relazione datata in quanto oggi i passaggi che noi superammo con l’aiuto di ancoraggi oggi saranno sicuramente superabili in libera.
Franco Ribetti
Poi poco a poco il Plu è passato di moda come altri luoghi dell’arrampicata tradizionale, man mano che si affermavano falesie attrezzate per l’arrampicata sportiva. Anche la scuola Gervasutti, con programmi di insegnamento diversi, ha abbandonato il Plu pur mantenendo come luogo di esercitazioni le sottostanti Courbassere. Anche io, seguendo un po’ la moda, smisi di andarci.
Probabilmente qualcuno ha continuato a raggiungere i luoghi del Plu anche se gli antichi sentieri, già incerti allora quando li percorrevamo noi, saranno probabilmente invasi dagli sterpi. Mi avevano accennato e delle loro visite Alessandro Co e Gio Quercia, istruttori anch’essi della scuola Gervasutti. Forse su quelle rocce ha fatto la comparsa anche qualche spit ma non sono più aggiornato.
Certo è che in quel sito un po’ lontano e scomodo, in un passato che si fa sempre più lontano, ho trascorso tanti bei giorni di scalata.
Ugo Manera
Plu Sperone Grigio sulla via del 1983
Plu, Sperone Grigio, Via diretta Manera Ribetti. (6 marzo i983)
La nuova via si svolge tra quella del 1967 e la via De Albertis-Fornelli. Percorre l’evidente fessura immediatamente a destra del filo di spigolo ed in seguito il filo di spigolo. Arrampicata molto bella con un tratto in artificiale. Valutazione d’insieme: TD. E’, fino ad ora, la più difficile del Plu.
Attaccare a destra della via del 1967 al di sopra di una grande lama staccata ed in corrispondenza di una sottile fessura che incide la placca. Seguire ala fessura fino al termine, attraversare a destra e prendere un’altra fessura al fondo di un piccolissimo diedro, seguirlo fino ad un piccolo ripiano, attraversare a destra e per rocce più facili raggiungere un ottimo punto di sosta (V, V+,IV+,IV).
A destra, con un tetto, inizia la grande fessura che incide la parte centrale dello spigolo. Attraversare a destra sotto il tetto (V, A0) e salire sfruttando la fessura strapiombante e fessure più esili a destra con impiego di nuts (A0, A2). Terminare in libera uscendo su una stretta cengia con erba (V).
Salire traversando a sinistra fin sul filo dello spigolo (V+). Proseguire longo lo spigolo con bella arrampicata fino a prendere una fessura leggermente a destra e seguila fino al termine (V, IV+). Traversare a destra fino al fondo di un diedro con lame, seguirlo per circa 3 metri poi traversare a sinistra e vincere una placca molto bella nei pressi dello spigolo (IV, IV+, V+). Al di sopra continua un diedro aperto, seguirlo con spostamenti a destra ed a sinistra (arrampicata entusiasmante) ed uscire con un passo difficile sulle placche che portano alla congiunzione con le altre vie (V).
Sulla via sono rimasti 4 chiodi ed un blocchetto ad incastro.