MARIO AIRES
La scomparsa di Mario è stata improvvisa e ha lasciato attoniti tutti coloro che lo avevano frequentato e lo conoscevano. Vogliamo quindi proporre il ricordo di alcuni amici che in epoche diverse hanno condiviso con lui la passione per la scalata. Dopo un’introduzione di Luca e Matteo Enrico proporremo il ricordo di Andrea Bosticco, uno degli storici apritori di vie della Val di Viù e che condivise con Mario questa passione, ma anche i ricordi degli amici Samanta Vernero, Eleonora Spezzano, Fiorenza Camerlengo, Michele Cifarelli, Monica Manente, Dario Perotto

Una vecchia foto un po’ sfocata ma che testimonia la passione che Mario aveva per l’esplorazione e l’apertura di vie nella sua valle (via “Sguardo sulla Valle”, Testa Nera della Lera), foto L.Rocchietti
INTRODUZIONE
a cura di Luca e Matteo Enrico
Domenica 12 ottobre. Vediamo Mario scomparire dietro la china del dosso erboso antistante la bucolica falesia di borgata Suppo, sotto a Mompellato, inghiottito dai colori autunnali; ancora non sappiamo che sarà l’ultima volta che lo vedremo vivo, anche se un po’ barcollante nel suo incedere. Un forte mal di testa, accusato una volta sceso da un tiro di arrampicata, aveva costretto Mario a interrompere il suo volteggiare sulla roccia, in una domenica autunnale passata all’insegna del divertimento. Riuscirà ancora ad arrivare in auto a casa e quindi a recarsi dalla guardia medica dove, aggravatosi improvvisamente, cadrà in coma. Il verdetto dei medici non lascia scampo: gravissima emorragia cerebrale. Mario morirà la sera del 23 ottobre.

1999, Monte Plù sperone grigio: da sx Massimo Malvano, Luca Enrico, Matteo Enrico, Mario Aires. Foto f.lli Enrico
Valligiano doc Mario era nato, cresciuto e viveva poco sopra Viù, in una piccola borgata che porta il suo stesso cognome: borgata Aires. Nonostante i suoi 64 anni Mario sembrava molto più giovane, sempre in forma ed entusiasta, di mestiere faceva l’impresario edile ma la passione per l’arrampicata e la montagna lo aveva portato a valorizzare la sua valle con diverse nuove vie e falesie. Giusto quella domenica ci raccontava dei lavori di manutenzione appena conclusi alla torretta di Richiaglio, uno dei posti che aveva chiodato. Mario, nella sua carriera alpinistica, non si era limitato solo ad arrampicare, ripetendo gli itinerari di altri, ma si era dato da fare per crearne di suoi, alla scoperta di luoghi e pareti. Da ricordare ad esempio le due vie su due tra le più iconiche montagne della Val di Viù: la Lera e la Torre d’Ovarda. Sulla prima insieme a Luigi Rocchietti aveva aperto “Sguardo sulla Valle”, sulla seconda la via “Nicole”, un’ascensione molto bella e divertente, su roccia buona, sulla solare parete sud, forse la sua più bella realizzazione. Ma non si possono dimenticare la posa delle soste a fix sulle Prigioni della Lera, le vie sul Bec d’la Ciuleri, un curioso monolite all’inizio del Vallone d’Ovarda, il Roc Uias, l’esplorazione delle pareti sopra il Rivlin e poi le falesie: la Torretta di Richiaglio e Rocchiettera.

Mario (a destra) con Luigi Rocchietti sulla Testa Nera della Lera, al termine di “Sguardo sulla Valle”. Foto L.Rocchietti
A proposito di quest’ultima ci viene in mente un episodio di tanti anni fa, quando una domenica dal tempo più che incerto provammo ad andare a scalare in questa falesia che all’epoca era una novità, appena chiodata. Ma il tempo, più che essere incerto, era piovoso e così ci dirottammo, invitati da Mario, alla festa di borgata Aires. Tra piatti di polenta e pintoni di vino trascorremmo una giornata molto divertente, culminata con la lotteria finale dove un partecipante, che aveva fatto largo uso dei pintoni suddetti, ci redarguì, intimandoci di stare attenti a un piccolo involucro che nella sua mente offuscata dall’alcool conteneva invece un grande televisore, il premio più ambito. Fu un episodio molto divertente che ancora oggi ci fa sorridere ricordandoci quella lontana giornata.

2000, alla Capanna Carrel: da sx Mario, Matteo Enrico, Luigi Rocchietti, Mirco, davanti in piedi Marco Masoero e Luca Enrico. Foto f.lli Enrico
Erano molti anni che conoscevamo Mario, dalla fine dei novanta. Lo avevamo conosciuto in una falesia in Val Susa, forse Borgone Alto o forse lo Spigolo dei Cinghiali, grazie a un amico comune. Con lui facemmo anche qualche via in montagna, come Punta Marco nel Gran Paradiso, le Tenailles de Montbrison e poi il Plù in Val d’Ala, la Grassi-Ala sulla nord della Mondrone e la Cresta del Leone al Cervino. Poi, senza un motivo particolare, la nostra frequentazione cessò, ma d’altra parte spesso accade in montagna dove la ricerca dei propri personali obiettivi finisce per portare su strade diverse. Ciononostante, restammo sempre in ottimi rapporti, ogni tanto ci si incontrava in giro e riuscimmo anche a organizzare di nuovo qualche uscita in falesia. Inoltre Mario partecipava sempre al Raduno Val Grande in Verticale e aveva pure partecipato alla giornata di scalata organizzata nella rinnovata falesia del Rivlin, in Val di Viù. Ci teneva ad esserci e cercava sempre di portare gente, credeva in queste manifestazioni fatte per far conoscere le sue valli, per promuoverne le loro belle pareti e le loro bellezze naturali.

2000, Uja di Mondrone: da sx Luigi Rocchietti, Mario Aires, Luca Enrico, Marco Masoero, Matteo Enrico. Foto L.Rocchietti
Era sempre un piacere parlarci insieme, come quest’anno al Raduno, sulla scalinata del Savoia, o vederlo arrivare in falesia, come a Suppo, insieme a un altro vecchio amico che non vedevamo da un po’, Rodolfo Mes. Quel giorno lo invitammo anche a unirsi a noi per finire di chiodare qualche tiro al Rivlin, non disse di no anche se forse non aveva più così tanta voglia di rompersi la schiena appeso a una corda, senza però sapere che il suo destino tanto ormai era segnato, al di là della sua volontà, da lì a poche ore il buio sarebbe calato su di lui.
Ottobre 2025
IL RICORDO di Andrea Bosticco:
Domenica 12 ottobre, in serata mi arriva un messaggio da Luca e Matteo. Mi avvertono che Mario è in gravi condizioni: andato ad arrampicare, non si è sentito bene, un forte mal di testa che lo costringe ad abbandonare e andarsene via. In serata ricoverato all’ospedale per un’ischemia. I tentativi di tamponare l’emorragia non danno i risultati sperati. Poi finalmente una buona notizia, riescono a risolvere. Sul lunedì provano a risvegliarlo per capire l’entità dei danni. La speranza di salvarlo fa a botte con quello che potrebbe comportare un simile evento. Si susseguono scambi di messaggi con Luca, Matteo, Luigina e Luigi, suoi compagni di mille scalate. Momenti concitati in cui non sai cosa sia meglio per lui. Poi venerdì in mattinata, arriva quel messaggio che forse ti aspettavi ma temevi: “Mario non c’è più”. È accaduto tutto molto velocemente. Difficile giudicare, faticoso da accettare per noi, così attaccati alla vita, alle nostre passioni. Se è vero che siamo appesi ad un filo, vederlo reciso così, senza preavviso, lascia sgomenti, con l’amaro in bocca.

Mario sui torrioni a Rocchiettera
Conobbi Mario sulla parete della Losa d’Alais nel Vallone d’Arnas. Ero con Fabio ad aprire una via nuova e mentre eravamo appesi in sosta a sistemare il materiale, giunsero alla base della parete due persone che iniziarono a salire una via a fianco. A distanza di qualche metro, facemmo conoscenza. Si presentò come una persona solare, simpatica, un chiacchierone. Mentre noi salivamo lenti, loro correvano sulle placche e scendendo in doppia, Mario fece un pendolo per venire a scambiare i numeri di telefono. Il contatto era preso. La settimana seguente ci sentimmo. Mi propose di andare a visitare la falesia “di casa” che stava attrezzando: i torrioni del Pilonetto a Rocchiettera. Li vedeva da casa sua proprio di fronte, dall’altro lato della Valle. Con la passione unita ad una buona dose di voglia, Mario riuscì a tirar fuori un posticino niente male dove andare ad allenarsi nelle ore libere. Era inverno, ma di quelli miti, che ti fanno scalare in maglietta al sole e i fine settimana si alternarono ad attrezzare nuove linee.
Le uscite si susseguirono e in breve tempo instaurammo un buon rapporto fatto di complicità e nuove idee. Esplorammo diversi posti in Valle di Viù e tracciammo alcune vie insieme: dalla Torretta di Richiaglio al Bec d’la Ciuleri nel Vallone d’Ovarda.

Mario in apertura sulla parete sud della cima orientale della Torre d’Ovarda
Un giorno mi propose di andare a vedere una parete che aveva adocchiato: la Sud della Cima Orientale della Torre d’Ovarda. Per prepararci per bene decidemmo di andare a ripetere alcune vie “test” che avessero un obbligatorio onesto: una via di Motto a Forzo, dove su una placca liscia pur di non mollare si fece un volo epico quanto rocambolesco ma che non gli impedì di portarla a termine e una sulla parete Sud del Monte Castello, in Valle dell’Orco, anche questa per allenare bene la testa. Poi finalmente, arrivò il giorno. Partimmo a notte fonda, salendo per la stretta e tortuosa stradina del Vallone d’Ovarda, trovando ancora dei tratti innevati. Poco male, sgonfiò leggermente le ruote così da fare meglio presa e salimmo fino all’alpeggio al termine della strada. Zaini carichi e morale alle stelle partimmo per la nostra nuova avventura. Arrivati alla base della parete mi chiese di poter partire per primo. Ci alternammo al comando aprendo le prime tre lunghezze, mettendocela tutta per fare un buon lavoro e non banalizzare la scalata. Poi però le batterie finirono e il materiale pure, obbligandoci a scendere. Eravamo felicissimi, due bambini con un nuovo giocattolo tra le mani. Purtroppo impegni personali non mi permisero di accompagnarlo a terminarla. Riuscì nell’impresa arruolando un suo amico prima e poi ancora da solo. La via prese il nome Nicole.

Mario in apertura sulla parete sud della cima orientale della Torre d’Ovarda
Dire che era determinato è dire poco credetemi. Gli piaceva molto la compagnia, passare le giornate non solo a raschiare muschio e piantar chiodi, ma anche chiacchierare e condividere il piacere dell’arrampicata. Col passare degli anni ci siamo sentiti sempre meno, perdendoci di vista, anche se poi notizie delle sue uscite riuscivo ad averle da amicizie comuni.
Non avete idea di quanto sia difficile scrivere al passato di una persona scomparsa, un pugno nello stomaco. Tra arrampicatori c’è l’usanza di dedicare una nuova via ad una persona cara scomparsa, ma… no, non voglio ricordarlo per una via, preferisco tenere vivo il suo ricordo durante ogni salita.
Che il suo spirito gioioso e disinvolto possa aleggiare tra le sue amate montagne della Valle di Viù. A noi basterà andare a trovarlo lassù dove sicuramente è libero e spensierato tra creste e pareti. Non so se ci rivedremo un giorno o smetteremo semplicemente di esistere, ma mentre io sono qui ad aspettare la risposta, tu dai un’occhiata se da quelle parti c’è qualche bella parete da salire.
Ciao Mario.
IL RICORDO di Samanta Vernero:
A Mario, il Maestro

IL RICORDO di Eleonora Spezzano:
Ti ho conosciuto anni fa, quando eri il mio istruttore al corso di arrampicata e io ero una giovane ragazzina.

IL RICORDO di Fiorenza Camerlengo:
Ora potrai viaggiare con la tua MX5 che ti invidiavo lungo strade libere e infinite!
IL RICORDO di Michele Cifarelli:
Continuerai ad essere dei nostri.
IL RICORDO di Monica Manente:

IL RICORDO di Dario Perotto:
Ho avuto l’onore e la fortuna di conoscere Mario.

foto D.Perotto
Ci siamo conosciuti a un corso di arrampicata del CAI. Mi ricordo che siamo subito entrati in sintonia e abbiamo cominciato ad arrampicare insieme (io ero un novellino). Mossi i primi passi in falesia mi ha poi portato a fare vie lunghe. Sembra ieri che mi mandava in settimana un messaggio per organizzare il weekend mi diceva ” ho trovato una vietta che fa al tuo caso” e io non vedevo l’ora che arrivasse il momento per andare a ravanare per qualche parete. Non era ancora finita la via che si pensava già a farne un’altra e la serata si concludeva sempre con una bella cena in qualche ristorante.

foto D.Perotto














































