Un sogno realizzato – ricordando Marco

30 Ott 2023 | Articoli e racconti, News & Articoli

UN SOGNO REALIZZATO

 

Ricordando Marco,

arrivato in punta al Cervino

 

Marco De Rosa, ribattezzato da tutti scherzosamente “il pulotto” per via della sua appartenenza alle forze dell’ordine, mio fratello Teo ed io lo conoscemmo la prima volta esattamente il 24 aprile del 2004 a Machaby. Ce lo aveva presentato il comune amico Sergio Sibille e tutti e quattro andammo a ripetere la via “Bega”. Credo che sia da allora che non torno a Machaby e forse è per quello che mi sembrava di conoscerlo da meno tempo, invece sono passati più di 19 anni.

Era una bella giornata di sole, di quelle tipiche primaverili della bassa Valle d’Aosta, già calde ma ventilate. Io ero legato con lui mentre mio fratello era in cordata con Sergio. Ricordo quella via per un episodio in particolare: su uno dei primi tiri, in una nicchia giallastra mi rimase in mano un appiglio e feci un bel volo ma Marco mi assicurò in maniera impeccabile.

Da quella volta iniziammo a combinare, anche se il suo lavoro, fatto di turni festivi e prefestivi, mal si adattava ai classici orari da ufficio che invece facevamo noi. Ciononostante qualche volte si riusciva ad andare a scalare o sciare e comunque restammo sempre in contatto.

Con lui nell’inverno del 2005 andai anche a fare qualche cascata, alle Scale del Moncenisio e al Martinet. Sulle prime ricordo che avemmo qualche problema con le corde, non riuscivo a recuperarlo ma lui si ingegnò a farsi un nodo prusik sulle funi bloccate e lo vidi a un certo punto sbucare sorridente dalla gobba di ghiaccio poco sotto la sosta dove ero piazzato. Il cielo era quello grigio uniforme, la luce soffusa e il freddo che arrivava implacabile dalle montagne però fu una bella giornata, ci divertimmo.

Marco venne con noi anche in Marocco, nel 2010, dove andammo a scalare nelle Gorges du Todra. Fu un viaggio magnifico che proseguì con l’attraversamento del deserto. Marco era sempre entusiasta, era un gran viaggiatore avendo girato mezzo mondo e quegli spazi quasi infiniti non potevano non piacergli.

In nostra compagnia venne diverse volte nelle Valli di Lanzo, partecipando anche ad alcune edizioni del raduno Val Grande in Verticale. Durante la prima edizione del 2017 ci venne incontro alle prese dell’acquedotto in Sea, aveva smontato dal turno di lavoro ed era salito la domenica pomeriggio per partecipare all’estrazione finale dei premi. Noi eravamo andati a fare una via sullo Specchio di Iside e lui ci raggiunse mentre stavamo scendendo di corsa perché eravamo in ritardo.

Facemmo l’ultimo pezzo di stradina insieme fino all’Albergo Savoia dove si tenne la festa finale dell’evento. In un’altra edizione partecipò invece alla cena del sabato sera presentandosi vestito con dei pantaloni alla zuava di lana grigia, calzettoni rossi e scarponi in cuoio. Dietro l’aspetto serio e compassato Marco celava un’ironia sottile che faceva divertire rendendolo simpatico a tutti, nonostante al primo approccio potesse anche apparire diverso.

Marco si rese disponibile a venire a darci una mano nei lavori di chiodatura delle vie. Era il 2018, uno degli anni in cui, in previsione della stesura della guida che sarebbe poi uscita l’anno successivo, ci prodigammo maggiormente a mettere a posto vecchie vie dimenticate. Quel venerdi ero a casa dal lavoro e lui accettò di buon grado la mia proposta: andare a richiodare la via “Ciccio Bum” sulla parete della Mummia nel Vallone di Sea.

Partimmo io e lui, gravati dai pesanti zaini con dentro il trapano, i tasselli e tutto l’armamentario necessario. Io sarei salito chiodando e lui avrebbe seguito portando un pesante zaino con dentro il materiale occorrente. Sul primo tiro, prima della sosta, feci un traverso verso destra sopra una specie di prua che formava sotto di essa un tetto. Recuperai Marco che iniziò a sua volta a salire ma giunto sulla prua, a pochi metri dal terrazzino di sosta, gravato dal pesante zaino che portava, perse l’equilibrio e cadde nel vuoto con un pendolo.

Quando le corde andarono in tiro sulla verticale era così staccato dalla parete da non riuscire più in alcun modo a toccare la roccia. Non fu facile uscire da quella situazione scabrosa ma anche in quell’occasione seppe cavarsela molto bene e dopo un’ora di penzolamenti nel vuoto me lo ritrovai accanto in sosta.

Non aveva perso la sua sottile ironia ma al limite solo un po’ di energie fisiche, però riuscimmo ugualmente a completare tutta la via in progetto.

Nella primavera del 2022 si unì invece a me e mio fratello per andare alla Piramide del Monte Plù dove volevamo salire un torrione ancora vergine per proseguire la via “Dionisi di sinistra”. Sulla pietraia che conduce verso la parete avevo lo sguardo basso su quei pietroni, intento a salire quell’ultimo tratto impervio, reso più faticoso dallo zaino ancora una volta carico di roba. All’improvviso sentii Marco gridare di guardare in alto, aveva visto un animale.

Non mi sembrava fosse una cosa poi così singolare vedere un animale selvatico vagare per quelle lande solitarie ma quando mi disse che sembrava un cane rimasi stupito. Un cane da solo lassù? Abbastanza impossibile, gli dissi che forse era una volpe. Eppure lui insistette dicendo che era molto più grande e sembrava proprio un cane. Aveva forse visto un lupo? E’ molto probabile e mi dispiacque non averlo visto anch’io. Quella fugace visione sarebbe comunque valsa a rendere unica quella giornata.

Mi vengono in mente però molte altre giornate trascorse con lui come ad esempio la bella escursione che andammo a fare nell’autunno del 2012 intorno ai Laghi del Bojret con una lunga discesa fatta ad anello che ci riportò poi sulla strada del Ciavanis. Oppure quando nel 2019 andai con lui a ripetere la via “Spigolo dell’Incomunicabilità” appena richiodata e che volevo provare bene. Erano giorni di un luglio caldissimo, salimmo presto e a mezzogiorno, quando il termometro segnava già quasi 30 gradi a Forno, eravamo giù.

Per attraversare il torrente carico d’acqua di fusione ci mettemmo in mutande e poi andammo a pranzare a Breno da Cesarin, al fresco sotto al porticato. Più di recente venne, sempre con me, un pomeriggio alla Rocca di Lities e andò con mio fratello e Vanessa a scalare sul granito dei Torrioni di Pralongis, in una domenica di luglio nebbiosa, e poi, sempre con loro, compì la salita della Cresta dell’Ometto sull’Uja di Mondrone in condizioni invernali, con le rocce impiastrate di neve e vetrato, che resero la salita più impegnativa di quanto lo sia normalmente, dandole quel tocco di alpinismo in più.

L’alpinismo a Marco piaceva e il suo sogno lo ha rincorso fino all’ultimo, quel Cervino che era diventato quasi una ossessione. Era qualche anno che al sopraggiungere dell’autunno lo tirava fuori. E anche quest’anno, al ritorno dal lungo viaggio sugli altopiani del Cile, si allenò per poter arrivare ad abbracciare anche lui la croce metallica. Aveva preparato con cura tutta l’attrezzatura, il meteo era perfetto, in fondo non poteva non partire. Di quest’ultima grande avventura ci rimarrà il video giratogli in vetta dal compagno dove dice: “Ce l’abbiamo fatta! Il Monte Cervino! Grazie!”

Marco in vetta al Cervino

La mattina del 12 ottobre Marco è precipitato appena sotto la Carrel, dalla Cheminée.

 

Ottobre 2023

Luca Enrico

 

 

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